Caro Mino,
Pure io ho marciato contro la guerra in Vietnam e a volte il prezzo di quella protesta erano “democratiche” manganellate per chi osava opporsi alle tonnellate di napalm che i democraticissimi americani scaricavano sui villaggi dei contadini vietnamiti, al solo scopo di sostenere un regime fantoccio e corrotto come quello che si era insediato nel Vietnam del Sud.
Con ciò mi viene da pensare, anche se non è l’oggetto di questa discussione, che non ci fu alcun governo italiano che si offrì di prendere le parti e di armare l’eroica Resistenza vietnamita.
Una analogia con allora però la trovo e sta nella grande rincorsa alla solidarietà che consentì di caricare la nave Australe di aiuti di ogni tipo, raccolti tra i genovesi con le operazioni a bordo fornite come volontariato dai nostri camalli. L’analogia è che a distanza di circa cinquant’anni il mondo del volontariato si è messo a disposizione per alleviare il dramma del popolo ucraino e, molte sezioni dell’ANPI sono parte attiva in questa corsa solidale, nei confronti di tutti coloro che fuggono dalle guerre o dagli effetti che comunque producono le guerre stesse.
Contrariamente ai molti che nel tempo sono passati dall’essere contro la guerra in Vietnam ad esaltare il ricordo di Kennedy, o ad aver protestato contro i B52 sui cieli di Hanoi e poi non farsi scrupoli a bombardare Belgrado, io resto immutato nel modo di pensare e di agire.
Concordo con l’ANPI sull’ inopportunità della fornitura di armi agli ucraini e soprattutto trovo che chi tratteggia analogie con la nostra Resistenza è vittima di un analfabetismo funzionale che non consente di comprendere il significato del termine “cobelligeranti”: ossia che eravamo già in guerra al fianco degli Alleati e che uno dei principali obbiettivi del fronte antifascista fu proprio quello di far terminare la guerra.
La “scelta” degli uomini della Resistenza consentì all’Italia di sedersi al tavolo degli Alleati, come cobelligeranti anziché come Paese sconfitto e questo consentì di scrivere autonomamente la nostra Costituzione a differenza di altri Paesi sconfitti.
Se la volontà è quella di “armare”, la dichiarazione di guerra consegnata nelle mani degli ambasciatori è il passaggio inevitabile.
Il vero quesito, pertanto, non è armare o meno, ma se si vuole dichiarare guerra a Putin, perché urlare e inveire per armare senza assumersi le conseguenti responsabilità è un po’ come quei ragazzini un po’ vigliacchetti pronti a scagliare la pietra e nascondere la mano riversando su altri le responsabilità del proprio gesto.
Resto pertanto costernato da chi oggi, con leggerezza, cerca di aggirare la nostra Carta costituzionale frutto della guerra di Liberazione e che anzi, cerca di gettare schizzi di fango nei confronti di chi oggi in modo trasparente difende l’art. 11, insinuando anche divisioni che alla luce di congressi pubblici non esistono.
Loris
![](https://i0.wp.com/www.viaricad.com/wp-content/uploads/2022/03/24368.jpg?resize=880%2C660)