Risposta alle esternazioni di Carlo Rognoni sul SecoloXIX di Venerdì 11 giugno

Egregio Carlo Rognoni,
Ho letto con profondo interesse le sue considerazioni sul futuro del PD genovese, e anche se non sono iscritto a quel partito, per la mia storia personale politica, non posso fare a meno di risponderle, soprattutto in considerazione che, quando, a suo tempo, Lei è venuto a raccogliere i consensi elettorali lo ha fatto nel collegio di Genova Ponente, dove la composizione sociale e la natura di quel territorio consentiva una elezione certa a chi si presentava all’interno di liste che avevano a loro volta una indiscussa storia politica.
A livello amministrativo, in quegli anni i successi elettorali erano il frutto di un partito che riusciva a vantare ancora un profondo radicamento nel territorio, sia in termini di iscritti sia di simpatizzanti e di votanti.
Il non comprendere, da parte sua, che le sconfitte il PD se le è cercate, sposando politiche liberiste che comprimono i diritti e rendevano sempre più precario il mercato del lavoro, onestamente mi sconcerta.
Oggi non ci sarebbe tema di discussione sul blocco dei licenziamenti, se non ci fosse stato prima chi ha abolito l’art.18 e ha attuato il “Jobs act”. Stessa cosa, degna di monsieur de La Palisse, la risposta alla pandemia che non sarebbe stata così affannosa e costellata di errori se non si fosse progressivamente smantellato la Sanità Pubblica per dare sempre più spazi ai privati.
Non tutto è responsabilità del PD, ma elencare quelli che ritengo gli errori di quel partito però, non vuol dire auspicarne la scomparsa. Soprattutto ignorarne il ruolo che dovrebbe avere all’interno di uno schieramento di centro-sinistra sarebbe velleitario e irresponsabile.
Ieri, sono stato uno dei tanti che ha ricordato la figura di E. Berlinguer, e non per nostalgiche riproposizioni, ma nella convinzione che ci siano valori irrinunciabili, per chi ha vissuto quelle stagioni e per chi ne ha acquisito la cultura e i conseguenti valori che parlano di riformismo ma nell’irrinunciabile lotta alle diseguaglianze, nel rispetto della dignità del lavoro e dei lavoratori.
Tramutare pertanto la competizione elettorale a mero tatticismo è irricevibile e senza voler entrare troppo nella dinamica interna di un PD alle soglie di un congresso, ritengo che quel partito debba ritrovare la sua natura non affidandosi ad una destra che non ha conosciuto vergogna nello stravolgere le regole di partecipazione all’interno dell’amministrazione comunale, come nessuno sconto nemmeno su chi fa un uso indiscriminato di voti disgiunti pur di gestire pezzi di potere.
Concludo non riuscendo, pur mettendoci tutta la buona volontà, a vedere il successo di questa amministrazione che dal suo insediamento è riuscita, dal punto di vista demografico, a perdere mediamente circa 4000 cittadini all’anno, arrivando anche a negativizzare il saldo degli immigrati, che evidentemente reputano Genova un pessimo posto dove radicarsi e trovare un lavoro degno di questo nome. Sul “Modello Genova” infine, non viene messa in dubbio la capacità “manageriale” del Commissario, ma sicuramente una analisi sulla ricaduta in termini di occupazione sull’area genovese porterebbe a risultati non gratificanti per il mercato del lavoro genovese.  
Loris Viari

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